Narcisista

Ciò che abbiamo perso non è solo la libertà di muoverci.

Che cos’è davvero la libertà? Soprattutto, siamo sicuri di apprezzarne fino in fondo il valore?

In questi lunghi giorni di isolamento, probabilmente, stiamo pagando a caro prezzo la privazione di cose che, fino a pochissimo tempo fa, davamo per scontate.

La cosa più triste di questa situazione, così assurda, non è la quarantena alla quale ci ha “costretti” il governo. Ma il fatto che nonostante tutto continuiamo a nasconderci dietro false convinzioni. Certezze talmente fragili, effimere, da disorientare anche il più scaltro degli esseri umani.

Oggi ho poco da ironizzare, ancor meno da comprendere con empatia. Sicuramente oggi le mie parole suoneranno più provocatorie. Ma urge una scossa, un terremoto emotivo in grado di far cadere ipocrisie troppo radicate in ognuno di noi.

 

L’uomo veramente libero è colui che rifiuta un invito a pranzo senza sentire il bisogno di inventare una scusa

 

Quest’aforisma non è farina del mio sacco. È frutto della mente di un certo Jules Renard, scrittore, drammaturgo e aforista francese. Morto a Parigi nel 1912. Prima degli orrori delle due guerre, del regime nazista, della pandemia di spagnola, della guerra fredda, il Vietnam, il Kosovo e chi più ne ha più ne metta.

Un uomo completamente fuori dal nostro tempo.

Eppure queste sue poche parole brillano ancora di luce propria. Oggi più di ieri.

Forse qualcuno giudicherà presuntuoso da parte mia prendere in prestito aforismi o versi di autori di spessore e riadattarli a temi più banali. È un impulso al quale non riesco a venir meno. Leggere e viaggiare col pensiero.

Creare accostamenti bizzarri, lontani dagli intenti d’origine. Non so perché o per chi Renard abbia partorito questo pensiero. Ma so dove mi ha portata.

È illuminante l’idea che un uomo può ritenersi libero solo se ha il coraggio di rifiutare un invito senza dover necessariamente inventare una scusa.

Naturalmente si parla di inviti non graditi, ai quali non riusciamo a dire no.

 

Confessate, sinceramente, a quanti di voi è successo? Io sono certa che anche la persona più sfacciata, almeno una volta nella vita ha candidamente mentito pur di non dire: “Ti ringrazio, ma tra le tante cose che oggi mi eviterei, è la tua compagnia

Solo scriverlo mi regala una sensazione di libertà assoluta. Puro godimento.

Invece no! Schiavi della forma, del buon costume. La reazione è ben altra.

Eccolo lì il “non gradito invito”. Ci fissa dal monitor del nostro cellulare, aspetta una risposta. Il messaggio scritto ci dà un certo vantaggio. Possiamo pensare, trovare la scusa migliore. La più ineccepibile!

Ci permette di non tradirci. Un’inflessione di voce sbagliata, un’espressione inopportuna potrebbe vanificare i nostri sforzi. Regalandoci, scusate il francesismo, una “figura di merda” colossale.

Se invece l’invito arriva face to face il dramma è altro. Ci viene richiesto uno sforzo enorme. Pensare nella frazione di un secondo o arrampicarci sugli specchi prendendo miseramente tempo. Trascinare quel “Ti ringrazio, ma…” fino all’arrivo dell’idea risolutiva.

In ogni caso ne usciremmo comunque stanchi. Abbiamo richiesto alla nostra mente uno sforzo non necessario.

Quanto sarebbe stato più semplice prenderci la libertà di essere onesti?

 

È un esempio banale, lo so. Ma non a caso. Sono fin troppo certa che situazioni simili sono quasi all’ordine del giorno. O meglio… Erano all’ordine del giorno.

Eh già… Oggi questa quarantena ci giustifica tutti. Finalmente abbiamo una scusa colossale per evitare quei fastidiosi inviti.

Non faccio altro che leggere post o sentire frasi del tipo: “Appena l’isolamento sarà finito abbraccerò tutti, anche chi, fino a poco tempo fa non sopportavo

Come se questo ritirarci dal mondo per un po’ ci avesse reso magicamente più buoni. O peggio ancora più tolleranti.

Ma se non siamo in grado di mostrare un minimo di tolleranza per noi stessi e gli altri in questo delicato momento?

Non è necessario fingere una bontà che non ci appartiene. Cerchiamo piuttosto di essere più onesti, con noi stessi e gli altri.

Prendiamolo tra le mani il coraggio di mandare a quel paese chi non ci piace. Le situazioni che ci mettono a disagio. Urliamoli i nostri “No”, senza alcun “mi dispiace”.

Di tempo per piangerci addosso ne stiamo avendo fin troppo.

Che sia un invito, una relazione, un lavoro… Dobbiamo trovare il coraggio di ricominciare davvero. Perché credetemi, usciti da casa, difficilmente inizieremo a fidarci dell’altro. Le distanze sociali che oggi ci impongono, stanno lentamente diventando distanze emotive.

Quel velo che fino a poco più di un mese fa ci annebbiava la vista, probabilmente si sta sgretolando. Non abbiate paura di lasciarlo andare.

I canti dai balconi, le continue videochiamate, i numerosi “mi manchi”

È stato qualcosa di meraviglioso. Ma fuori dalle nostre gabbie dorate, forse, avremo più paura. Ci guarderemo con sospetto, probabilmente ancora da lontano.

Ciò che sicuramente sentiremo nuovamente fra le mani sarà la “nostra” (?) libertà. Questa magnifica sconosciuta.

Dovremmo imparare a renderla veramente nostra. Ciò che vi chiedo oggi, senza ironia stavolta, è l’empatia verso noi stessi.

 

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