Firenze 7 Aprile 2018 – Ci sono figure che brillano più di altre, che affascinano con il loro carisma e la loro personalità, e a volte il destino ti regala un incontro con una di esse. Quasi per caso qualche anno fa durante un’edizione di Pitti Uomo, vidi per la prima volta Luigi Lardini, una figura che mi ha ammaliato fin da subito, e così in quell’istante mi feci la promessa che prima o poi avrei collaborato o scritto di lui.

Sognatore, amante del bello, ambizioso, edonista, difficile identificare con un aggettivo il Sig. Luigi, patron del brand Lardini.

Un unico grande desiderio, realizzarsi in qualche modo rimanendo attaccato alle proprie origini e tradizioni.

Originario di Filottrano, un piccolo borgo nelle Marche, voleva realizzare proprio in quella terra la base per concretizzare i suoi desideri, e così fece.

Grazie alla passione per l’abbigliamento, il suo impulso primario fu di aprire un negozio.

“Le vicende hanno fatto sì che coinvolgessi nel mio sogno anche i miei fratelli, e il Progetto fu così modificato da Vendita di abbigliamento a Produzione di abbigliamento”, racconta Luigi Lardini, in questa soleggiata giornata primaverile.

Continua il suo racconto, mentre i suoi occhi sembrano quasi commuoversi al pensiero di questi aneddoti, mi narra che inizialmente attrezzarono un laboratorio dove ognuno di loro potesse dare il proprio apporto esprimendo le proprie capacità e le caratteristiche personali.

Potremmo scrivere con una formula semplice che Lardini “Since 1978”, un’azienda vincente basata sulla tradizione, ma anche sul rapporto di compensazione tra le qualità e le caratteristiche dei fratelli.

Ci racconta che la famiglia Lardini è fortemente attaccata al proprio territorio, perché è sano, fatto di gente laboriosa, che rispetta le regole, rispetta gli altri e che quindi merita di essere rispettato da tutti e da loro in primis.

La dolcezza delle colline, la natura che esplode in primavera e che disegna arcobaleni in autunno, sono le fonti d’ispirazione, ma ovviamente ciò non è sufficiente, perché è necessario confrontarsi con le esigenze del mercato, studiare i comportamenti delle persone, verificare il mutarsi delle abitudini e dei modi di essere, dei gusti che cambiano, e non solo perché il Sig. Lardini viaggia di frequente, alla scoperta di mercati maturi e nuovi, viaggi in luoghi che meglio di altri esprimono e anticipano i cambiamenti.

“Mi alzo presto e sono il primo in azienda, mi piace essere solo la mattina in ufficio, così da spaziare e vagare con la mente, per poi tornare alla realtà quotidiana e programmare la giornata in santa pace, prima di entrare nel tourbillon di tutti i giorni”, ci racconta il Sig. Lardini, mentre sorseggiamo un caffè fumante che quasi con il suo aroma romanza il nostro colloquio.

La nostra conversazione sta per giungere al termine, ma non posso che porgli una delle mie domande di rito quando intervisto un uomo come  lui, ossia quale sia il suo sogno nel cassetto.

Prende qualche attimo di respiro, e con un sorriso sognatore mi risponde così: “Per quanto riguarda me personalmente non so se riuscirò mai a realizzare il mio sogno più recondito, quello che sta nel fondo del cassetto sotto tutte le scartoffie: amo il pianoforte e vorrei fare Piano Bar”.

Sinceramente non mi aspettavo questa risposta, ma forse in tutte le interviste che ho fatto è la più sincera e sentita con il cuore, e io non posso che augurare a un uomo con questo mix di magnetismo, classe e fascino di realizzare il suo sogno. Il Sig. Lardini, o più semplicemente Luigi, come mi ha chiesto più volte di chiamarlo durante l’intervista, si congeda con questa frase che mi ha toccato tantissimo per la sua veridicità e saggezza allo stesso tempo:

“Comunque è vero che siamo legati a questa terra, è vero che viviamo e stiamo bene qui, ma è anche vero che non ci piace essere numeri, vogliamo essere persone soprattutto, vogliamo salutare ed essere salutati quando incontriamo le persone, scambiare una battuta, un sorriso, un augurio”.

Il tempo di un breve saluto e l’appuntamento è per il prossimo Pitti Uomo a giugno.

di Cristiano Gassani

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