debora attanasio

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Debora Attanasio, giornalista del mensile Marie Claire è nota anche per essere stata la segretaria storica di Riccardo Schicchi (ha raccontato quegli anni in un memoir umoristico intitolato Non dite alla mamma che faccio la segretaria, edito da Sperling & Kupfer). Vegetariana da tre decenni, è considerata un’influencer di Facebook e usa da sempre i social per difendere i diritti civili e scontrarsi con cause spinose come l’immigrazione, la misoginia e omofobia. Il suo pallino più recente: smascherare i bufalari di internet.

Debora, qual è la tua opinione in merito ai matrimoni tra persone dello stesso sesso?
Penso che a parità di doveri debba corrispondere parità di diritti. Non mi risulta che i gay paghino meno tasse degli altri, quindi non vedo perché i loro interessi debbano essere privi di tutela. All’indomani della legge che ha permesso definitivamente le nozze gay in Usa, sul mio sito deboraattanasio.it ho raccontato la storia di una mia amica transessuale sudamericana non operata che non aveva potuto sposare l’uomo italiano che amava, e con cui conviveva da 21 anni. Quando lui è morto all’improvviso, ancora giovane, i familiari l’hanno sbattuta fuori di casa perché era di proprietà del defunto e non aveva fatto in tempo a intestargliene metà. Per fortuna è finito tutto bene: i familiari non sapevano che l’uomo aveva sposato la sorella della sua compagna per darle il permesso di soggiorno nell’Ue, un atto d’amore. Hanno dovuto mollare indietro tutto il maltolto. Ma quanti altri non hanno potuto rivendicare diritti nei confronti dei ricordi di una vita? Quale innamorato vive tranquillo sapendo che il suo compagno/a non potrà nemmeno chiedere informazioni riservate su di lui se entrasse in coma? L’Italia è il fanalino di coda europeo di molti diritti civili, delle donne, degli immigrati e degli omosessuali, per cui ogni vittoria rappresenta un passo avanti verso lo scardinamento di mentalità dure a morire, basate sul concetto errato che la felicità sia una coperta corta: se ne concedo un pezzetto ai chi è infelice, divento meno felice io. Sbagliato. È quello che pensa gente che perde tempo prezioso a manifestare in piedi, con libri in mano che probabilmente non leggono mai. Se no sarebbero più sensibili.

Sei favorevole alle adozioni da parte di persone dello stesso sesso?
Ho conosciuto persone cresciute da padri o madri single, o da donne single non omosessuali che sono andate a vivere insieme per amicizie e per sostenersi. Nessuno di loro era un serial killer. Nessuno ha le prove che un bambino cresciuto da due persone dello stesa sesso sarà disturbato. Ma abbiamo le prove che una coppia etero non garantisce che un figlio cresca perfetto, o non avremmo mai avuto guerre e violenza. Poi, qualcuno dice che un bambino cresciuto in una coppia omosex sarà “confuso” sessualmente. A parte che non so cosa intendano (un omosessuale non è confuso, sa benissimo cosa gli piace) mi risulta che tutti i gay che conosco abbiano genitori etero e questo non li ha esentati dalla presunta confusione. Conosco invece tante persone cresciute in famiglie etero che hanno subito molestie sessuali da famigliari stretti, padri e zii in pole position, l’Italia si piazza bene nella classifica della pedofilia incestuosa. Per cui, ben venga sicuramente che un bambino cresca con Elton John e David Furnish piuttosto che finire in un orfanotrofio o nelle mani di genitori che si picchiano, o di parenti che li molesteranno (recentemente ho trattato il caso di una 13enne finita in affido allo zio che ne ha fatto la sua concubina). Oppure, che siano costretti a subire come modello paterno un femminicida, un maschilista o un adultero seriale in un coppia “tradizionale”. I bambini hanno bisogno di amore e di buon esempi di rispetto per le persone e per le cose, e che a darglieli sia una coppia gay o etero non cambia. Sono un po’ dubbiosa solo sulle fecondazioni artificiali ma perché mi lasciano perplessa anche fra le coppie etero. Spesso sono l’ultima ratio per quelli stanchi degli ostacoli assurdi che impediscono l’adozione”. Nel frattempo il mondo è stracolmo di bambini abbandonati e mi pare surreale metterne al mondo altri con elaborati e costosi sistemi. Bisogna invece lottare prepotentemente perché le adozioni vengano facilitate. Se vuoi un figlio, se ti avanza tanto amore da elargire, importa poco che sia sangue del tuo sangue.

Attraverso i tuoi profili social sostieni puntualmente le “battaglie” quotidiane che affrontano i LGBT. Quali sono ancora oggi i diritti non rispettati?
Quelli dell’immaginario collettivo. Viviamo in un paese dove le offese sessiste non vengono minimamente considerate gravi e prosperano i cliché da filmacci degli anni ’70. Il nostro lessico fiocca di offese ben accette che in un paese civile dovrebbero essere da denuncia. Ai matrimoni si grida ancora “auguri e figli maschi”, come se le femmine fossero uno scarto. Le donne efficienti vengono definite “con le palle”, come se il cervello fosse nei testicoli e le donne ne siano quindi prive. Una volta, in un club, ho dovuto ascoltare un famoso cabarettista romano mentre riempiva un vuoto tecnico – era andata via la luce – con disgustose barzellette che associavano omosessualità e cetrioli, o reiteravano tormentoni sulla stupidità femminile. Ero con un amico gay così imbarazzato che non riuscivamo a reagire. Tanto, se protesti dicono che manchi di senso dell’umorismo, ti dicono «fattela una risata!», oppure «è sempre stato così, perché cambiare?». Invece è solo machismo, il papà dell’omofobia. Di un maschio più sensibile si dice che “una femminuccia”, come se essere femmina fosse disprezzabile. Per cui capita che un ragazzo gay ci creda e venga deriso fino al suicidio. Tutto questo deve sparire dalle nostre teste con un profondo lavoro nelle scuole, che a mio avviso plasmano più della famiglia. Una volta che l’immaginario collettivo sarà pulito da ogni porcheria, allora non dovremo nemmeno preoccuparci degli altri diritti perché a nessuno verrà in mente di violarli, spontaneamente.

Quale è la tipologia di persona che si nasconde dietro i social per esprimere pareri di cui la comunità lgbt farebbe anche a meno?
I social hanno svelato l’esistenza di una caratteristica italiana poco nota ma che si sospettava: la denigrazione del prossimo in modo da sentirsi parte di una categoria vip con poco sforzo. Se io sfotto e disprezzo i gay, anche se sono un fallito in tutti campi, penso: «Però sono etero, almeno quello», e non mi sento più in dovere di sfidarmi a migliorare. Ecco, questi sono i peggiori nemici social della comunità lgbt. Quelli che poi vengono a tirare le uova alla gente in coda al Gay Village o al Cube di Roma, tornano a casa soddisfatti e dimenticano per qualche ora la loro squallida mediocrità.

A tuo parere, quali sono i passi in avanti validi compiuti dal nostro Paese negli ultimi dieci anni?
In dieci anni non mi pare che ne abbiamo fatti molti. Leggi sul matrimonio, o surrogati, si sono sempre arenate dopo sforzi inutili di attribuirgli nomi ridicoli (Dico, Pacs, etc.) e si discute ancora se invocare il reato di omofobia sia “propaganda omosessualista”. Guardiamo gli irlandesi: cattolici convinti che hanno votato “yes” perché hanno riconosciuto che un gay non può avere meno diritti di un etero. Ha votato yes anche gente che non toccherebbe un gay con una canna da pesca. Questo è il progresso. Se guardiamo più indietro, invece, qualche passo avanti nella mentalità c’è stato. Quando ero bambina i gay erano macchiette alla Tognazzi e a Roma c’era una curiosità morbosa nei confronti degli spazi riservatissimi frequentati solo da loro (molto amati da Moana Pozzi). Oggi al Gay Village, d’estate, vedi una moltitudine di persone e lì dentro ho conosciuto un sacco di ragazze e ragazzi etero che non hanno nessun timore di essere presi per gay. Ci vanno perché si divertono, e di quello che può dire la gente se ne fregano. E al gay pride è sempre pieno di etero, soprattutto donne. Mi piacerebbe vedere altrettanti ragazzi gay alle nostre manifestazioni contro la violenza sulle donne, però.

Per anni si è sempre sostenuto che la Chiesa Cattolica abbia influenzato notevolmente l’immaginario collettivo riguardo l’omosessualità, intesa come colpa e non come modo di essere. Ritieni che il Papa attuale abbia compreso in qualche modo l’errore fatto da chi lo ha preceduto?
Devo ancora capire se papa Francesco sia un buon prodotto di marketing o una persona sinceramente illuminata. Di certo, da non cattolica mi trovo spesso d’accordo con lui e ciò che dice sta spianando la strada verso la normalizzazione. Ma il fatto che anche per i gay sia tanto importante ricevere l’endorsement di un papa la dice lunga su quanto la mentalità religiosa sia radicata e influenzi il nostro Paese. Altro che Stato Laico!
Come reputi il recentissimo #loveislove di Obama rispetto alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di riconoscere le nozze gay?
Obama viene criticato per un sacco di cose, io continuo ad apprezzarlo per il coraggio di aver sostenuto un grande traguardo degli Stati Uniti, così come ho apprezzato la sua regolarizzazione di 5 milioni di clandestini (cosa che prima o poi dovremmo fare anche in Italia, o voglio proprio vedere chi pagherà le pensioni di un popolo a crescita zero). Gli americani non sono un popolo perfetto, hanno il grilletto facile, la pena di morte in troppi Stati e politiche estere molto discutibili. Ma la sentenza della Corte Suprema che ha dato il via libera ai matrimoni fra persone dello stesso sesso è un capolavoro di civiltà, e quando la leggi fa venire i brividi.

Hai pubblicato due anni fa il libro Non dite alla mamma che faccio la segretaria (Sperling & Kupfer) in cui racconti i dieci anni trascorsi a lavorare per Riccardo Schicchi. Un “appassionato” del sesso come lui cosa pensava dei diritti degli omosessuali?
Riccardo Schicchi è stato importante per la mia formazione perché non l’ho mai sentito dire niente di sessista. Né contro le donne, né contro i gay. In tempi non sospetti invocava già il rispetto per l’ambiente, invitava i suoi dipendenti ad amare gli animali, a schifare il razzismo e a non creare troppi rifiuti urbani (lui esagerava: non buttava via nulla!). Quando per un periodo ha incluso fra le sue artiste la conduttrice transessuale Maurizia Paradiso la lanciò facendosi fotografare in barca con lei per un giornale di gossip, simulando un flirt come aveva fatto con le “donne native” che rappresentava. Non ci trovava nessuna differenza. Ed era favorevole quando Moana si esibiva per le raccolte fondi del circolo Mario Mieli. Oggi come oggi avrebbe abbracciato la battaglia per i matrimoni omosessuali in Italia perché rientrava nel suo pacchetto di convinzioni che amava definire “amorali”, ovvero prive di inutili sovrastrutture morali che, come ho già detto, servono solo alle persone che si rincuorano pensando «io sono altro da te». Le persone tristi, insomma.

Grazie Debora per questo confronto!

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